Canalblog
Editer l'article Suivre ce blog Administration + Créer mon blog
Publicité
Le jardin de Minerve
Le jardin de Minerve
  • Quand la géopolitique et la stratégie militaire sont vues avec les yeux d'une femme... J'ai 20 ans d'expérience professionnelle dans ces domaines et un doctorat sur les conflits asymétriques. Libre utilisation des informations mais citez ce blog.
  • Accueil du blog
  • Créer un blog avec CanalBlog
Publicité
Archives
6 février 2019

INFORMATION WARFARE E NUOVI RISCHI MONDIALI (un article de 1997)

INFORMATION WARFARE E NUOVI RISCHI MONDIALI

di Iole M. De Angelis

Information Warfare

Definire in cosa consiste e come si articolano le attività connesse con l’Information Warfare (IW) è una grossa questione, perché le operazioni sulle informazioni non soltanto costituiscono la cosiddetta quinta dimensione del conflitto, dove le altre sono la terra, il mare, l’aria e lo spazio, ma costituiscono il nerbo del Command, Control, Communications, Computers, and Intelligence Warfare (C4IW) e del conflitto post-industriale. Alwin e Heidi Toffler nel loro libro War and Anti-War, ma anche nelle loro opere precedenti, hanno individuato dei legami fra regime economico, regime politico e format militare, forse inconsapevoli seguaci della Nouvelle Histoire di Georges Duby e di altri studiosi europei della seconda metà di questo secolo. Infatti, quando l’economia era prevalentemente basata sull’agricoltura, il singolo soldato era considerato qualcosa di più di un semplice numero, dato che era anche un contadino e quindi produttore di ricchezza. Il relativo basso coefficiente di violenza che caratterizzava le guerre medievali era dovuto non solo all’importanza che veniva data al singolo soldato-contadino, ma era dovuta anche al fatto che l’ostilità avveniva fra regimi molto simili, e in questo senso si faceva attenzione a evitare che il conflitto provocasse cambiamenti di regime nell’avversario.

Con l’avvento della società industriale, della massificazione, e dello Stato-nazione, anche la guerra divenne un fenomeno di massa, e a questo proposito l’opera di Von Clausewitz ne rappresenta una lucida analisi. Inoltre, le due Guerre Mondiali di questo Secolo ne rappresentano l’applicazione pratica più estrema, soprattutto con lo sviluppo della tecnologia legata alle armi di distruzione di massa.

Con lo sviluppo tecnologico, l’economia e la società accelerarono i ritmi evolutivi, e, quando gli Stati Uniti si ritrovarono coinvolti nella Guerra del Vietnam non si aspettavano che i mass media potessero avere una così grande influenza nella gestione di un conflitto e nei sentimenti popolari verso le Forze Armate (FFAA) in genere. Di conseguenza, negli anni ‘70 si assistette a una rivoluzione nelle FFAA statunitensi: si passò ad un esercito di volontari, si puntò molto sullo sviluppo tecnologico e sull’addestramento delle truppe, in modo tale da adeguarsi ai nuovi valori e ai nuovi indirizzi della società.

È perfettamente inutile, in quanto ovvio, insistere e spiegare in che modo l’avvento dei computers e delle nuove tecnologie abbia influito sugli usi e costumi della nostra società, portandola ad un era che si può definire post-industriale, in quanto l’economia non è più concentrata su una massa bensì su target ben precisi, e il tutto è caratterizzato da alta velocità: trasporti, informazioni in tempo reale, cambiamento dei costumi e ritmi di vita.

Le operazioni sulle informazioni o IW consistono nell’influenzare i processi di acquisizione, immagazzinamento e trasformazione delle informazioni dell’avversario, e contemporaneamente proteggere le proprie. Questo tipo di attività, pur essendo presente sin dagli albori del conflitto, soltanto recentemente è diventata una dimensione del conflitto accuratamente studiata e analizzata, e questo dipende dall’avvento della tecnologia informatica ed elettronica che rende possibile determinate cose che prima non lo erano, come l’elaborazione e la trasmissione dei dati in tempo reale, una grande capacità di immagazzinamento e analisi delle informazioni. Ad esempio, noi abitanti dei Paesi sviluppati, se restassimo senza energia avremmo seri problemi di sopravvivenza, e oggigiorno è la tecnologia che fa la differenza fra una potenza e un Paese satellite.

Le informazioni sono il contenuto di messaggi, e sono le basi su cui si basano tutti i processi decisionali della mente umana, sia in ambito pubblico che strettamente privato, ed è sufficiente che questi dati si assommino in un modo piuttosto che in un altro per cambiare radicalmente il risultato, ovverosia la decisione presa o da prendere.

L’IW è quella dimensione del conflitto che agisce in questo settore, considerando il fatto che l’obiettivo dell’acquisizione di informazioni sull’avversario è di conoscerlo bene in modo da poter prevedere le sue mosse e di conseguenza sviluppare la strategia più efficace per poter piegare la sua volontà ostile. Infatti, partendo dall’affermazione di Guglielmo Bacone (1561-1626) che la conoscenza è potere, è possibile concludere che le informazioni sono la chiave della politica, intesa nel senso scientifico del termine. Partendo dall’analisi etimologica, si nota che nella lingua micenea l’agglomerato cinto di mura era chiamato ptolis, e la guerra ptolemos, e citando l’analisi di Carl Schmitt sulle categorie del politico, per cui esiste un “noi”, definito amicus, e un “loro”, definito hostis, si può concludere che l’essenza della politica è il conflitto. Inoltre, analisi socio-politiche hanno scoperto che l’obiettivo di questo conflitto fra gli uomini è il possesso del potere, ovverosia della possibilità di poter influenzare le decisioni e le scelte altrui. È interessante notare come molte guerre e molte situazioni difficili, anche familiari, rientrino in questa categorizzazione, perché la cosa interessante della cosiddetta “quinta dimensione del conflitto” è il fatto che non riguarda soltanto i fenomeni su larga scala, bensì tende ad operare, e con notevole efficacia, anche nel privato della vita di ciascuno di noi, e anzi, è quello il suo campo d’azione privilegiato.

Quando si parla di Information Warfare è importante notare che non si tratta soltanto di guerra elettronica in cui lo stratega si trova a doversi districare fra Misure, Contromisure e Contro-contromisure Elettroniche (EM, ECM, ed ECCM), ma anche fra tutto ciò che ha qualcosa a che fare con le informazioni: dai mass media, alla propaganda, alla gestione del personale, e al rapporto uomo-mezzi e tecnologia. Martin Libicki, uno dei massimi esperti di questo settore, sostiene che questa dimensione del conflitto consiste di sette forme: Command and Control Warfare (C2W), Intelligence-Based Warfare (IBW), Electronic Warfare (EW), Psycological Warfare (PSYW), Hacker Warfare, Economic Information Warfare (EIW), e, infine, Cyberwarfare.

Per quanto riguarda il C2W, l’obiettivo delle tattiche di battaglia consiste nel decapitare le forze avversarie, nel senso che si opera nella direzione di impedire il flusso delle informazioni fra la centrale comando e le truppe in azione, che può essere attuata colpendo la mente oppure il sistema nervoso dell’avversario. In ogni caso, è possibile notare come sin dai tempi più remoti venisse considerato importante da un punto di vista tattico-strategico la possibilità e la capacità di uccidere il comandante avversario. Sempre valido è anche il principio su cui si basano tutte le attività spionistiche, di raccolta di informazioni e di battlefield situation awarness, che nella modellistica dell’IW è chiamato IBW, e sulla cui importanza è perfettamente inutile soffermarsi, dato che questo settore ha che fare con la neutralizzazione del più efficace moltiplicatore di forze di cui una FFAA dispone: il cosiddetto “effetto sorpresa”. L’EW, al contrario, è il settore dell’IW più recente, dato che ha a che fare principalmente con i radars e la trasmissione dei segnali (jamming e anti-jamming), anche se la crittografia è una scienza molto antica.

Per quanto riguarda la guerra psicologica o PSYW, che è caratterizzata da messaggi diretti, indiretti e subliminali volti ad operare sulla volontà popolare, sui comandanti avversari, sulle truppe (è noto infatti che un esercito che non vuole combattere è già sconfitto in partenza), e facendo si che si abbia un conflitto culturale all’interno della società avversaria, vedi l’effetto della Guerra del Vietnam sulla cultura statunitense. Inoltre, è in questo campo che l’uso dei mass media rivela tutta la sua rilevanza strategica per la gestione del conflitto, soprattutto perché le società post-industriali preferiscono la resa al sacrificio dei suoi membri. È anche da aggiungere il fatto che il regime politico ha una notevole influenza sulla percezione delle informazioni da parte della popolazione: è evidente infatti che in un regime democratico il flusso di informazioni sia maggiore che in quello dittatoriale e che la popolazione reagisca di conseguenza. Nelle società democratiche post-industriali, la popolazione è sottoposta a un continuo bombardamento di informazioni, e la mente umana per gestire il sovraccarico di lavoro finisce per assorbire solo una piccola parte delle informazioni ricevute. Di conseguenza, un’azione di guerra psicologica deve tener conto dei fattori culturali e sociali che caratterizzano la società che ci si prefigge di attaccare, e degli effetti che può comportare, dato che la mente umana è un fattore pieno di imprevisti. Insomma, la ricetta di un’efficace PSYW è di non dare mai nulla per scontato, e sapere esattamente cosa può provocare reazioni emotive nell’avversario.

Anche il cosiddetto Hacker Warfare è un prodotto della tecnologia, perché si riferisce agli attacchi sulla rete informatica, e più specificamente alla rete militare.

Il cyberwarfare consiste di una vasta categoria che include terrorismo nel settore della gestione dell’informazione, dato che la maggior parte dei dati civili sono gestiti da supporti informatici, e in questo senso che si evidenzia una prima differenza fra Hacker Warfare e cyberwarfare. Sempre nell’ambito di questa categoria dell’IW, può capitare che il sistema sembri operare correttamente, ma genera delle risposte sbagliate, e questo nell’ambiente anglosassone è chiamato semantic attack, mentre nel caso di Hacker Warfare il sistema è bloccato e non è in grado di operare. Inoltre, il cyberspazio, in un futuro potrebbe diventare un territorio di guerra, grazie alle capacità dei computers che rendono le simulazioni sempre più vicine alla realtà. Per andare sempre più nella fantaguerra, si può parlare di Gibson-warfare, dall’autore del romanzo cyberpunk Neuromantico, in cui i guerrieri si inseriscono nello spazio virtuale per combattersi.

L’EIW può assumere due forme: l’imperialismo sulle informazioni e l’embargo sulle informazioni, ed entrambi hanno notevole influenza nel settore economico, dove il trasferimento di tecnologie, cioè di informazioni, gioca un ruolo rilevante nel miglioramento delle capacità produttive. In tal senso, si può anche concludere che la decisione di commercializzare un prodotto finito potrebbe essere considerata strategicamente e tatticamente migliore piuttosto che la diffusione della tecnologia e del know how, soprattutto perché ciò rende possibile far si che gli altri dipendano dalla “nostra” tecnologia, e un rapporto di dipendenza è sempre un rapporto di potere. Far si che noi sappiamo che tipo di capacità ha “l’altro” rende “l’altro” prevedibile, anche se in futuro decide di essere ostile e non più alleato. (M. Libicki, What is Information Warfare?, NDU, 1995)

In ogni caso, il pericolo maggiore di questo tipo di conflitto è il fatto che esiste scarsa differenza fra attacco sul fronte dell’IW e incidente, e, in questo senso, è possibile affermare che l’effetto sorpresa sia ancora più efficace, oltre al fatto che la tecnologia richiesta non richiede costi eccessivi, dato che in molti casi è sufficiente avere un computer e un modem.

L’unica difesa è rappresentata dalla ridondanza dei sistemi, dalla decentralizzazione delle strutture di comando, soprattutto per contrastare eventuali operazioni sul C3, dalla degerarchizzazione delle strutture per limitare i danni dovuti a un’intrusione nei sistemi, e da un costante monitoraggio e inventiva.

In conclusione, è perfettamente inutile mitizzare queste operazioni sulle informazioni come nuova forma di guerra, nuova fonte di minacce, al contrario, l’IW può essere visto semplicemente come una nuova categoria della polemologia, dato che sistematizza in modo nuovo e più efficiente antichi principi tattico-strategici.

Verso un nuovo concetto di conflitto

Lo Stato-nazione o Stato moderno come noi lo conosciamo è il risultato di un accentramento del potere da parte di uno fra i pares della nobiltà medievale che si percepiva più forte degli altri, e, una volta acquisita una supremazia tangibile, dato che non desiderava perdere il potere appena acquisito, questo sovrano fece in modo di ridurre il potenziale economico e politico dei suoi avversari, insomma, come fece Luigi XIV costruendo Versailles. Inoltre, una caratteristica dei sovrani in genere è quella di voler evitare che la popolazione si faccia giustizia da sé, al fine di evitare che la situazione diventi troppo fluida e possa mettere in pericolo il loro potere. Con l’evoluzione della borghesia e dell’industrializzazione, e con l’allargarsi della base su cui poggiava la legittimazione al potere, si sentì ancora di più questa necessità, soprattutto in Europa dove la presenza di svariati Stati e la presenza di numerose persone concentrate nelle città rendeva questo bisogno di ordine interno sempre più significativo. Infatti, i vari studiosi delle cose politiche del XVI-XVII sec. parlano di contratti fra lo Stato e il popolo, per cui i cittadini rinunciano all’uso della violenza in cambio della protezione di questo “Leviatano”, per usare un linguaggio hobbesiano, e lo Stato acquisiva così il monopolio legittimo della violenza, per usare una terminologia weberiana.

Oggigiorno, lo Stato-nazione si può dire che senta la vecchiaia, e si assiste a un fenomeno di disgregazione di questo “dinosauro” che nacque la bellezza di più di quattro secoli fa. Cosa ci sarà dopo è difficile dirlo, perché le transizioni di regime dipendono dalle condizioni sociali di contorno, ad esempio, in Europa si sta assistendo a un relativamente lento ma progressivo smembramento degli Stati-nazione a favore di istanze localistiche e di slanci internazionalistici.

Inoltre, oggi come oggi anche i concetti di guerra e minaccia strategica stanno cambiando di significato, dato che non implicheranno più uno scontro in campo aperto di un esercito contro l’altro, dato che con le nuove tecnologie il concetto stesso di confine e di unità culturale sta mutando. Oggigiorno è molto più facile viaggiare e muovere informazioni, e in questo senso è più facile attaccare una comunità politica quando meno se lo aspetta che non attraverso una guerra convenzionale. In questo senso, si può concludere che il futuro sarà caratterizzato dai cosiddetti “conflitti a bassa intensità”, che includono il terrorismo, la guerriglia, il banditismo e la criminalità in genere. Anche le armi con cui verranno combattuti e conflitti cambieranno notevolmente, a favore di un maggiore uso della tecnologia, per chi se la può permettere, di armi non letali, a scopo difensivo, e di una costante minaccia di diffusione di tecnologie nucleari, chimiche e biologiche in mano a persone che non hanno problemi a usarle per i loro scopi, dato che fra i loro ideali non c’è quello della protezione dei loro membri. Inoltre, la tecnologia ha cambiato il concetto di forza, perché ormai non è più la forza fisica il coefficiente determinante per la vittoria, ma è la forza mentale, la capacità di acquisire e mantenere l’iniziativa dell’azione, cose determinanti soprattutto in caso di conflitti a bassa intensità e di operazioni sulle informazioni. In questo senso, anche il coefficiente numerico perde d’importanza, perché il conflitto si svolge sul filo dell’effetto sorpresa, moltiplicato dalle capacità tecnologiche.

Conclusioni

La guerra è sempre guerra, e nonostante tutte le sofisticazioni tecnologiche, essa sarà sempre caratterizzata da un certo coefficiente di violenza e dal fatto che rappresenta uno scontro di volontà in cui sarà sempre la mente umana a giocare un ruolo definitivo e fondamentale.

Nonostante l’evoluzione tecnologica e la ricerca scientifica, nonostante tutti i cambiamenti nei regimi politici, i concetti base della strategia non cambieranno mai, a meno che la mente umana e gli istinti umani cambino radicalmente. Ma quello che è interessante è il fatto che ogni minuto è in qualche modo diverso dall’altro e la mente umana necessita di modificare continuamente la composizione delle forze che sono messe in gioco, ed è in questo gioco di equilibri che sta la vera essenza della strategia, è nel saper trovare il momento, carpire e capire l’attimo giusto, e il giusto equilibrio fra uomo e tecnologia, il tutto condito con un pizzico di buon senso, intuizione e fortuna. A questo proposito Martin Van Creveld afferma che “if low-intensity conflict is indeed the wawe of the future, then strategy in the classical sense will disappear-indeed many would say that already today it is little more than an exercise in make-believe whose relevance is limited to the war games played by general staffs.[...] Low-intensity conflicts will ensure that, once they are intermingled, battles will be replaced by skirmishes, bombings, and massacres. The place of lines of communications will be taken by short, convert approaches of a temporary nature. Bases will be replaced by hideous and dumps, large geographical objectives by the kind of population-control that is achieved by a mixture of propaganda and terror” (Van Creveld, p. 207, 1991).

A questo punto, è possibile affermare che la migliore difesa contro questo tipo di minacce è la cooperazione internazionale, la standardizzazione e l’interoperabilità delle procedure e dei macchinari fra i Paesi alleati, dato che ormai la minaccia non viene più da forze convenzionali: in questo contesto è importante notare il ruolo del denaro per l’acquisizione dei materiali e delle tecnologie, soprattutto con la fine dell’Unione Sovietica e la crisi economica che ha portato militari, scienziati e tecnici a non ricevere la paga, e in questo senso li ha resi più corruttibili. Insomma, è sempre possibile che dei terroristi entrino in possesso di materiale fissile e lo mettano, magari ridotto in polvere, in una macchina che successivamente faranno esplodere, magari al centro di una grande e popolosa città, come Roma, Londra, Parigi o New York, rendendo così questi luoghi inabitabili per svariate decine di migliaia d’anni.

Inoltre, da un punto di vista politico, la caduta dell’Unione Sovietica come nemico tradizionale non ha reso la situazione internazionale più stabile e sicura, al contrario, la perdita di un nemico ben definito ha creato una situazione di profondi squilibri e di grande fluidità. In questo senso si profilano nuove minacce internazionali che partono dalla suddivisione fra Paesi economicamente e tecnologicamente sviluppati e non, dalle istanze etnico-religiose che possono portare al terrorismo, alla criminalità organizzata che per soldi è disponibile a tutto.

In conclusione, è possibile affermare che grazie allo sviluppo tecnologico la guerra sta perdendo sempre di più la sua connotazione territoriale, quindi è ipotizzabile che il fronte più importante sarà combattuto per la conquista dei cuori e delle menti. In ogni caso, è importante notare come non tutti i Paesi del mondo sono caratterizzati da un’economia di tipo post-industriale, e di conseguenza esiste una varietà di concezioni per quanto riguarda il format militare e il concetto di guerra e strategia, e bisogna tener presente che non sempre la tecnologia ha la meglio su tutto, ma allo stesso tempo non ha senso vincere le battaglie per poi perdere la guerra a causa di un logoramento mentale.

Bibliografia

  1. Chandler, R.W., Trees, R.J., Tomorrow’s war, today’s decisions. Iraqui Weapons of Mass Destruction and the Implication of WMD-Armed Adversaries for Future U.S. Military Strategy, AMCODA Press, McLean, Virginia, 1996.
    1. De Angelis, I.M., Dual-use Technologies Used in the Information Field: the case of Remote Sensing and Global Positioning Systems, report du stage, ISU-MSS, mai 1996
    2. Dunningan, J.F., How to make war. A comprehensive guide to modern warfare for the post-cold war era, William Morrow and Company, Inc., New York, 1993, Third Edition.
    3. Libicki, What is Information Warfare?, Institute for National Strategic Studies, NDU, Washington, August 1995, http://www.ndu.edu/ndu/inss/actpubs/act003/a003cont.html
  2. Toeffler, A., Toeffler, H., War and Anti War, Warner books, New York, USA, 1995.
  3. Van Creveld, M., The transformation of war, The free press, New York, USA, 1991.
Publicité
Publicité
Commentaires
Publicité